Gliò tialetto nuosto è poesia

La pubblicazione della raccolta di poesie dialettali diEnrico Mallozzi rappresenta un omaggio al suo impegno artistico e, al tempo stesso, una difesa della memoria e delle tradizioni del nostro Paese.
Alcuni brani della introduzione curata dal Preside
Prof. Nilo Cardillo.
Antologia di poesia dialettali

 

I processi di globalizzazione in atto nel mondo stanno determinando una forma di impoverimento e di appiattimento culturale nella quale i paesi e le persone perdono la loro storia e la loro identità. In particolare la nostra lingua nazionale, a causa del livellamento televisivo e dell’assorbimento massiccio di termini inglesi, va perdendo la sua autonomia e la sua forza espressiva. Questi processi possono essere, in una certa misura, contrastati proprio dalla poesia dialettale, che svolge un ruolo prezioso di conservazione della lingua, delle tradizioni, delle matrici culturali di una comunità.

Le poesie di Enrico Mallozzi, non solo possiedono un valore artistico intrinseco, ma costituiscono anche un “corpus dialettale”, un vero e proprio archivio in versi, delle tradizioni,  della lingua, della storia recente di S.S. Cosma e Damiano e del territorio circostante. La loro pubblicazione costituisce pertanto una iniziativa intelligente e meritoria dell’Editore Di Mambro a difesa del nostro passato che è la base del nostro avvenire.

Enrico Mallozzi usa e controlla il dialetto del nostro Paese con una naturale e sorprendente versatilità, riuscendo ad incanalarlo entro gli argini dei metri lirici e delle rime. Scelta assolutamente voluta e consapevole, legata alla capacità del dialetto di essere strumento di una più viva e aderente espressione dell’anima e dei sentimenti popolari:

“Glio tialetto nuosto è poesia!

quann’esci ta la vocca te la gente

me pare n’acqua fresca te sorgente

cantà glio sienti p’ogni antica via”.

Glio tialetto nuosto è cortesia

E ricco fà sentì chi non tè niente;

ma certe vòte è tuosto, visamente

co chi se crete t’esse mpaparia.

 

La poesia di Enrico Mallozzi scorre come un fiume dalla acque limpide e tranquille dentro la storia recente del nostro paese, S.S. Cosma e Damiano, al quale egli è profondamente legato e del quale ha inteso cogliere ed esprimere la vita in tutti i suoi aspetti e in tutte le sfumature. Le acque di questo fiume lambiscono la natura, le persone, la storia del paese, penetrano negli angoli segreti dei ricordi e dei sentimenti che, spesso, sfuggono alle persone comuni, ma non allo sguardo indagatore e alle antenne sensibili del poeta che li ferma in versi ed immagini indimenticabili.

L’aria te glio paese è n’ata cosa!

Te mette gli coluri e l’appetito

sulo che spontà viti glio Cischito

e affianco la montagna te Ventosa.

Te pare ogni voccone saporito

e na fèlla te pane è cchiù ustosa…

Quanno glio viento è gliupo accà s’apposa

comme si alla ntrasatta s’è ammanzito!

Te vierno pe gli vichi sienti

gli’addore antico te gli fochelari

còleno allora gli canali lienti.

T’estate è fresca l’acqua agli cellari

Gli vagliuni pazzeeno contienti,

assettati allo frisco, pe gli rari.

( L’ARIA TE GLIO PAESE)

In molte poesie il tema dominante è il ricordo del “buon tempo antico” nei confronti del quale Mallozzi sente una pungente nostalgia. A suo giudizio c’è stato nel progresso qualcosa di bello che è andato perduto, soprattutto a livello spirituale e morale. La modernità comporta dei prezzi che il poeta non è disposto ad accettare: “Ca i song’all’antica me n’avvanto – e nonn’ammidio la modernità; – ma piaci te sentì glio beglio canto – e la semplice ammiro onestità!”. (I’ song’all’antica).  Nei confronti del presente affiora un certo pessimismo, che talora è più lieve ed aperto a qualche speranza, talora, invece, è veramente sconsolato. Il paese agli occhi di Mallozzi è decaduto, ha visto rovinate le chiese antiche, abbandonate le fontane, non più curati i vicoli che un tempo brulicavano di vita: “T’allora la fontana s’è ammupita – manco sòneno cchiù le campanelle; t’allora tutta quanta se n’è ita – la poesia te le cose belle”.  Altre poesie ricordano i mestieri di una volta, descrivono la vita del paese, che era difficile e faticosa, ma improntata ai valori della semplicità e dell’onestà. I ricordi sono struggenti e ci toccano nel profondo dell’anima:

Quanno facea friddo te Natale,

ci stregneamo attorno a glio focone,

addò rirea no beglio vrajale;

la sera se lassava glio tizzone,

pe ci appiccià glio fuoco la matina.

Faceamo a vellana: a cucche e viento,

se sentia soscià na schettina

fòre glio vicinato; chi stea tento

nno scia manco si gli ardii glio curo!

Còntaveno gli cunti te le fate…

La parole parevano allo scuro

tutte t’oro vestite e ricamate!

(QUANNO FACEA FRIDDO)

Il verso si allarga, talvolta, all’ambito familiare e si apre al commovente ricordo della madre ritratta, in una nitida e appassionata memoria, in tutta la generosa capacità di darsi senza risparmio, tipica delle madri di un tempo, rassegnate ad un ruolo che imponeva solo doveri e sacrifici:

“Mama co’llacqua

o sole o viento,

nonn’arreea

no juorno tento.

………………..

Quann’attorrava

La sera a notte

Comm’a no tréscene,

coll’ossa rotte,

làina o pelante,

quatto occuni,

sulo a gliò strofe

te gli tezzuni.”

Sono versi di rara bellezza, nitidi, essenziali, che esprimono tanto amore e tanto rimpianto, facendo vibrare il nostro il cuore.

In conclusione, la poesia di Mallozzi ci resta dentro l’anima, perché essa raggiunge momenti di intensa ispirazione e possiede elementi di universalità, per cui tocca e commuove ogni lettore.

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ENERGIA: prospettive e problemi – Convegno del 19 novembre 2010

Convegno Energia: propsettive e soluzioni

 

Venerdì 19 novembre 2010, ore 17:00

Club Nautico, Piazza Carlo III, Gaeta (LT)

L’associazione Grido Libero, nell’ambito del ciclo di incontri “Scienza e Società”, organizza il convegno:
ENERGIA: prospettive e problemi

Giornata di studio per disegnare gli scenari futuri connessi ai problemi energetici.

Fai click sull’immagine per scaricare il programma dei lavori.

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Il rapporto tra Gioacchino Gesmundo ed il pittore Domenico Purificato

La memoria ritrovata
Nilo Cardillo riporta in luce il rapporto dimenticato tra Gioacchino Gesmundo e Domenico Purificato.

Formia. Il Centenario della nascita di Gioacchino Gesmundo, martire delle Fosse Ardeatine, si sta rivelando occasione preziosa per la scoperta di eventi e rapporti umani e politici significativi per la storia del nostro territorio.

Il Centenario della nascita di Gioacchino Gesmundo, martire delle Fosse Ardeatine, si sta rivelando occasione preziosa per la scoperta di eventi e rapporti umani e politici significativi per la storia del nostro territorio, come se il Martire di Terlizzi avesse chiamato a raccolta gli ultimi testimoni per far riaffiorare dal fondo della memoria episodi e persone della storia della Nostra Terra che abbiamo il dovere di conservare e tramandare. Questo dovere ci ricorda anche l’approssimarsi del 27 gennaio, “Giorno della memoria”. I percorsi della vita seguono itinerari misteriosi e portano ad incontri e rapporti imprevedibili. Ciò vale anche per la vita di Gioacchino Gesmundo che si è, in vario modo, intrecciata con quella di Formia, dove egli, nell’anno scolastico 1932/33, ebbe il suo primo incarico di insegnante di «storia e filosofia » presso il Liceo Classico «Vitruvio», annoverando tra i suoi allievi l’onorevole Pietro Ingrao, che in più circostanze ha ricordato il suo debito di riconoscenza nel confronti del «maestro». Gesmundo, ci ricorda Nilo Cardillo, partendo da Terlizzi in Puglia, si era spostato a Roma, per trovare un significato ed una funzione veramente nazionale e progressiva al suo mestiere di intellettuale. Era divenuto, lungo questo percorso, “un militante della classe operaria”, ed aveva sostenuto la coerenza del suo impegno fino al sacrificio della vita alle Fosse Ardeatine. Lungo questo breve ciclo di vita aveva incontrato tanti personaggi della storia italiana, da Pietro Ingrao a Lucio Lombardo Radice, da Croce a Guido De Ruggiero. Ora veniamo a scoprire che anche il grande pittore Domenico Purificato era stato tra coloro che seguivano le sue lezioni di teoria politica a Roma, negli anni della Resistenza.

Certificato scolastico di SABINO  GESMUNDO

Certificato scolastico di SABINO GESMUNDO della Accademia di Brera, firmato dal Direttore, il pittore DOMENICO PURIFICATO

 

 

 

 

Ciò, che pure ignoravamo, non suscita meraviglia, anche perché Domenico Purificato ha sempre apertamente affermato la sua fede socialista. “Io discendevo da una famiglia socialista – ha raccontato Purificato in una intervista - mio padre aveva fondato a Fondi il partito socialista nel 1898, tre anni dopo la fondazione nazionale. Ho trovato delle lettere di mio padre a mia madre in cui diceva, nel 1904:  . Mio fratello Oddino, poi, andava a Lenola per incontrare Pietro Ingrao. Aggiungo che mio padre, per fortuna, per la sua condizione economica non ha avuto mai bisogno della tessera del fascio e quindi non è stato mai iscritto al partito fascista e fu il primo segretario di sezione a Fondi dopo la Liberazione. Quindi, praticamente, in casa mia si era sempre respirata quest’aria di sinistra; io sono cresciuto con il ritratto di Matteotti sul comò e le donne di casa mettevano i fiori davanti a questo ritratto”. Alla luce di questa affermazione era lecito immaginare un impegno di Domenico Purificato nella Resistenza Romana e, attraverso, la conoscenza di Ingrao, un contatto con il responsabile politico romano che era, appunto, Gioacchino Gesmundo. Tuttavia non esistevano fino ad oggi prove o testimonianze dirette. La lacuna viene colmata da Sabino Gesmundo, nipote diretto di Gioacchino Gesmundo, che ha incontrato Nilo Cardillo in occasione delle celebrazioni del Centenario della nascita del Martire di Terlizzi.

Sabino Gesmundo, che è un apprezzato pittore, vive a Milano, dove ha frequentato l’Accademia di Brera, divenendo allievo prediletto e ragazzo di bottega di Domenico Cantatore. Negli anni in cui studiava presso l’Accademia di Brera, verso la fine degli anni Sessanta, Domenico Purificato ne era Direttore. “Un giorno – ha raccontato Sabino Gesmundo – Domenico Purificato venne nello studio di Cantatore, mi incontrò e, al solo udire il mio cognome, si commosse e mi invitò nel suo ufficio. Qui, con evidente commozione mi raccontò: “Ho conosciuto bene tuo zio Gioacchino, perché io frequentavo regolarmente le riunioni politiche che si tenevano nel suo appartamento, in Via Licia 46. Vedi, a Roma eravamo una cerchia di amici: Pietro Ingrao, Beppe De Santis, Antonello Trombadori. Costituivamo un bel sodalizio, che pur avendo partecipato alle iniziative culturali del Fascismo, in sordina “faceva la fronda” e aspettava il momento opportuno per poter agire. Tuo zio era il responsabile politico e convocava delle riunioni alle quali io partecipavo ed ascoltavo con interesse le sue lezioni sulla storia del marxismo. Tuo zio esile, con una figura elegante, ma a me sembrava magro, per cui lo invitavo a mangiare di più. Lui, serio, mi rispondeva che quella era la sua costituzione. Una volta, ricordo bene, gli posi un quesito specifico: “Quale rivoluzione è stata più importante, quella francese o quella bolscevica ?”. Gesmundo mi guardò un po’ in silenzio, come gli era solito, poi mi rispose: “Senza la rivoluzione francese non ci sarebbe stata nemmeno quella sovietica! La rivoluzione russa nasceva dal popolo. Adesso le conclusioni le devi trarre tu”. Ancora oggi questa domanda mi ritorna in mente, e non sento di saper dare una risposta”. La sorte di tuo zio mi fece soffrire molto, anche se ti confesso che subito dopo, a partire dal 1945, eravamo tutti in fermento ed entusiasti, sembrava che tutti quanti avessimo raggiunto il momento di felicità politica sempre sognato. La possibilità di dare sfogo finalmente alle nostre idee sia politiche che artistiche ci sembrò la più grande conquista. Mi rattrista pensare che tuo zio Gesmundo, non abbia potuto vivere questi momenti. In fondo il risultato è stato anche e soprattutto merito del suo sacrificio”.

Il pittore Sabino Gesmundo – riferisce Nilo Cardillo - conserva molto viva la memoria di questo incontro con Domenico Purificato, col quale ebbe in seguito scambi artistici, venendo anche influenzato dalla sua arte. Come si vede una ulteriore importante testimonianza, che aggiunge un altro piccolo tassello alla storia di Formia e di Fondi, arricchendo il ventaglio di conoscenze sulla personalità di Domenico Purificato, sui suoi rapporti umani e politici del periodo romano, che certamente hanno influito sulla sua produzione artistica.


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